Testona: l'origine del Comune
La costituzione del comune fu opera lenta e graduale. La prima concessione ai testonesi del loro buon diritto ad organizzarsi in comune pare risalire ai primissimi tempi dell'episcopato del vescovo Milone intorno al 1170, ma viene probabilmente a legittimare un'organizzazione politica di fatto già funzionante e in grado di stipulare alleanze con il vicino comune di Asti.È del 1172 il primo documento in cui vediamo i testonesi operare in nome proprio e del 1179 la citazione del primo podestà (Vercello Gandolfo). In sostanza, la concessione delle consuetudini doveva prevedere l'elezione di consoli dalle competenze ristrette, la sottomissione all'alta giustizia vescovile e l'obbligo di partecipare all'esercito del vescovo.Il 1193 segnò l'inizio per Testona di un periodo di rigida sottomissione al vescovo, in contrasto con la condiscendenza dimostrata nei confronti di Chieri. Sembra quasi che il vescovo, Arduino di Valperga, non intendesse più sprecare energie per una battaglia ormai perduta, ma preferisse rafforzarsi a Testona.
Riappropriatosi con le armi dei diritti sul castrum testonese, ceduti alcuni anni prima ai signori di Piossasco, Arduino si preoccupò del potenziamento delle strutture del luogo, affidando al comune di Torino la disponibilità militare del castello e l'esenzione dal pedaggio di Testona e ai Templari (1196) la ricostruzione e la manutenzione dell'importante ponte sul Po sul tracciato stradale Asti-Torino.
Le cause di locale squilibrio erano tuttavia lungi dall'essere rimosse e una complessa pace nel 1200 concluse un conflitto tra il vescovo e il comune di Torino, forti delle alleanze dei conti di Biandrate, dei signori di Revigliasco e di Cavoretto, e gli abitanti di Testona, schierati con la fazione avversa, formata da Chieri, dai signori di Piossasco e di Cavour e munita della formale adesione di Tommaso I di Savoia.A Testona il vescovo mantenne il diritto di nominare il castellano del luogo, anche se era una presenza "contrattata" dovendosi trattare di persona gradita ai Testonesi. Gli abitanti dovevano inoltre continuare a giurare fedeltà al vescovo, impegnandosi a rispettare la sua decisione sulla distruzione del "casteletum novum", una nuova fortificazione che essi avevano costruito in antagonismo al "castrum vetus", simbolo del potere vescovile.
Torino ed il suo vescovo si erano rassegnati ad arretrare a Montosòlo, quindi fuori dal territorio chierese, le proprie ambizioni di controllo strategico del ramo collinare della Via Francigena, ma non potevano rinunciare al ponte e al castrum di Testona, dove infatti Arduino di Valperga continuò più o meno stabilmente a risiedere.
Ma, nonostante alcune clausole sfavorevoli, la pace di Mairano consentì al piccolo e battagliero comune di manifestare una visibilità politica fino ad allora inconsistente, ottenendo il riconoscimento formale delle consuetudini ottenute al tempo di Milone.
Le aspirazioni autonomistiche di Testona sembrano infatti farsi più vivaci e nel contempo la figura vescovile compare con meno insistenza.
Pochi anni più tardi (1204) i tre comuni collinari (Chieri, Testona, Torino) si riunirono in un patto di unione e pacificazione in cui giurarono una reciproca alleanza, il diritto di abitacolo in ognuno dei tre centri, l'elezione di un unico podestà. Nonostante il contenuto sembri denotare una sostanziale parità fra i contraenti, due clausole ci informano sulla volontà di Chieri e Torino di porre Testona in condizione di inferiorità. Si stabilisce infatti che i testonesi dovranno distruggere il casteletum novum e che l'alleanza sarà valida solo se i Testonesi continueranno a giurare fedeltà al vescovo.
Chieri e Torino sembrano quindi voler soffocare, con questa fittizia alleanza, le tendenze autonomistiche e la politica di espansione territoriale di un pericoloso concorrente.