La diocesi di Torino
I vescovi Landolfo e Carlo


Sul finire del IV secolo la diocesi di Torino acquisì l'autonomia ecclesiastica, staccandosi dall'estesissima diocesi di Vercelli, rimanendo però suffraganea del metropolita di Milano per tutto il Medioevo (fino al 1515).

La diocesi aveva il suo centro amministrativo e religioso nel palazzo del vescovo e nella cattedrale di San Giovanni. Il capitolo della cattedrale, formato da un collegio di chierici, assisteva e consigliava il vescovo nel governo del territorio, lo suppliva in caso di sede vacante e in caso di morte eleggeva il successore.
Sotto l'aspetto amministrativo il territorio della diocesi era ripartito in pievi (parrocchie rurali), con giurisdizione su distretti ecclesiastici minori formati da chiese e cappelle disseminate nei villaggi.


Grande doveva essere intorno al Mille lo stato di desolazione della diocesi, provocato sia dai "pagani" (Saraceni ed Ungari), sia da certi "perfidi christiani" compatrioti e diocesani. Pievi, chiese e antichi monasteri erano in rovina.

Il secolo XI vide una frenetica opera di ricostruzione ad opera dei vescovi di Torino che, guidati da un complesso di interessi religiosi, politici ed economici furono spinti a fondare abbazie e prevosture, a proteggere quelle già esistenti o di fondazione laica, largheggiando nei loro confronti in aiuti e mezzi.
La crisi del potere pubblico era acutissima e i blocchi unitari delle marche avviati verso lo sgretolamento. Entro gli ormai sbiaditi confini della marca torinese, la strada era aperta ai tentativi di costituzione di un principato territoriale da parte del vescovo.

A Torino e sulla collina l'autorità del vescovo ha origini lontane e confuse. Il documento che ne legittima l'autorità sul finire del X secolo è un diploma concesso in data incerta (981 o 996) da Ottone II, o più verosimilmente da Ottone III, in cui si confermano al vescovo di Torino, Amizone, tutti i possessi ed i privilegi della chiesa torinese con un ampia corona di «curtes» (possedimenti organizzati in forma di azienda agraria) tra cui Chieri, Canove, Celle, Testona.
Questi possessi vescovili sono dichiarati immuni, così che in essi i rappresentanti locali del potere regio non possono imporre esazioni, né, senza il consenso vescovile, esercitare la giustizia tenendo placiti.

Non si tratta per ora dell'attribuzione ufficiale di una giurisdizione attiva (il «districtus»), ma della oculata costruzione di un vasto patrimonio fondiario, ispirato, per dislocazione e natura delle scelte, a criteri non solo economici ma anche strategici. La zona collinare era infatti percorsa da un ramo della via Francigena che, attraverso il Moncenisio, collegava la Francia con Asti, Genova ed il resto d'Italia. Su di essa transitavano pellegrini e mercanti: controllare il transito, riscuotere pedaggi, allestire i mercati era una sicura fonte di guadagno.
Parallelamente, la concessione ad enti ecclesiastici (emanazione dello stesso vescovo, come l'abbazia di San Solutore o quella di Santa Maria di Cavour), di beni e proprietà nell'area collinare, favorì il sorgere di una vasta rete di possessi allodiali, svincolati dal potere del marchese.


Nel 1037, mentre ancora il quadro marchionale era efficiente, il vescovo Landolfo (1010-1038) impresse un'accelerazione al potenziamento temporale vescovile con veri connotati signorili. In un documento che rappresenta il suo testamento spirituale, dichiara di aver attrezzato con castra e rinforzato con mura presenze patrimoniali nell'area collinare, costituendo un sistema di piazzeforti vescovili intorno a Torino.
Questa febbrile
attività edificatoria lungo il tratto stradale evidenzia l'intenzione di Landolfo di controllare il transito di merci e persone su di esso e di ricavare vantaggi economici dai mercati che nel frattempo vi erano sorti.
A
Testona il vescovo non si limitò anche nel restauro della chiesa di S. Michele e nella costruzione ex novo della chiesa di S. Maria, lungo il tracciato stradale Asti-Torino. È chiaro che, accanto alla figura di signore politico il vescovo non dimentica la sua funzione ufficiale di pastore d'anime.


Grazie all'autorità dei successori di Landolfo, sul principio del XI secolo l'immunità dei vescovi di Torino cominciò ad essere qualche cosa di più di una semplice esenzione: essa consentì infatti l'esercizio di un potere signorile di fatto, se pur limitato a nuclei sparsi di ricchezza fondiaria.

Nel 1091, alla morte della contessa Adelaide, la forza che a Torino e nell'area collinare fra Po e Chieri rivelò una più immediata e vigorosa attitudine a riempire il vuoto di potere creatosi fu proprio il vescovo, che si oppose con successo (grazie all'aiuto imperiale) sia alle nascenti forze comunali, sia alle iniziative di Amedeo III di Savoia, volte ad occupare stabilmente Torino.

Non sarà forse superfluo ricordare che la contessa Adelaide, figlia del marchese di Torino, Olderico Manfredi, erroneamente ricordata come la capostipite dei Savoia (avendo avuto come terzo marito il conte Oddone di Moriana-Savoia), fu invece l'ultima rappresentante della dinastia arduinica (che resse Torino per oltre 150 anni). La morte della contessa coincise con la fine della marca di Torino, ma i Savoia, lungi dal subentrare direttamente, dovranno attendere fino al 1280 per impadronirsi della città: come si vede, la mano passa ai vescovi…


Poco prima della metà del XII secolo (1147) salì alla cattedra torinese Carlo, un vescovo di energia eccezionale, che sarebbe riuscito a potenziare la sua dominazione e ad assestare un potere signorile di impianto immunitario entro un cerchio delimitato da Chieri, Testona, Rivoli, Lanzo e Settimo. Sfruttando al meglio i suoi buoni rapporti con la corte dell'imperatore, e con Federico I in particolare, riuscì ad ottenere il riconoscimento imperiale necessario per costruire un vero principato territoriale.

Il 26 gennaio 1159, da Occimiano, il Barbarossa redisse un diploma a favore del vescovo Carlo a cui concesse la giurisdizione pubblica su Torino ed il suo circondario per un raggio di dieci miglia. Vi era compresa quindi anche tutta la collina.
In questo caso, non si trattava più della sola concessione di un vasto patrimonio fondiario, ma dell'attribuzione ufficiale di sfere temporali di giurisdizione.

Oltre a tutti i diritti fiscali, regi e comitali, comprendeva infatti la facoltà di esercitare qualsiasi attività giurisdizionale, con l'obbligo per i vassalli e per tutti gli abitanti di rispondere giudizialmente al vescovo ed ai suoi ufficiali.
Inoltre, il diploma di Barbarossa concesse all'episcopio i diritti su settanta corti e numerosi castelli (tra cui Celle, Carpice, Canove, Mucuriase, Caliano, Testona e Chieri). Su pedaggi e diritti di mercato, difesa militare ed amministrazione della giustizia in città e per dieci miglia attorno, non c'era dunque spazio per altra autorità che non sia quella vescovile.

Questa concessione fu un grave affronto non solo per le nascenti forze comunali, ma soprattutto per Umberto III di Savoia, che vide così stroncate le mire sabaude su Torino. Con questo atto il principato vescovile ebbe ufficializzazione formale, ma ebbe vita breve. Ben presto venne reso effimero, all'interno, dal potenziamento del comune di Torino, e all'esterno dalla pressione sabauda e dall'affermazione nell'area collinare dei comuni di Chieri e Testona.

Prima pagina: le ragioni di una mostra
Geomorfologia | La collina torinese in età preistorica | Castelvecchio: il sito protostorico
Cenni di toponomastica | La Centuriazione di Chieri | L'acquedotto romano di Chieri |
Epigrafi chieresi | La via Fulvia
Il versante torinese della collina | La necropoli longobarda di Testona | La ceramica longobarda (Testona) | Ingerenze vescovili: Landolfo e Carlo | La via Francigena fra Torino e Chieri | I Templari |
Santa Maria di Celle | San Pietro di Celle
Castelvecchio: la fortezza medievale | Il "castrum" vescovile di Testona | Testona: l'origine del Comune | Testona: l'espansione nel "poderium" | Testona: distruzione o abbandono? | Da Testona a Moncalieri
Bric San Vito | Monfalcone, un insediamento scomparso | Il castello di Montosòlo
La misurazione del tempo nel Medioevo | Monete medievali in Piemonte | Come si parlava nel Chierese | Antiche unità di misura | Il paesaggio collinare nel Medioevo | Orti medievali
Volontariato in collina | Info sul Gruppo Archeologico Torinese
Bibliografia