Bric San Vito
dal sito protostorico alla fortificazione medievale
I dati storici conosciutiIl Cuniberti afferma che la chiesa di S. Vittore, o S. Vito, dell'abitato (oggi scomparso) di Monspharatus, sorgeva su un colle dominante Pecetto, detto appunto dalla sua chiesa "Bric San Vito". Nel 1047 i beni "in Monte Pharato" compaiono fra i possedimenti dell'Abbazia di S. Solutore di Torino, che vennero riconfermati anche successivamente.
Nel 1584, durante la visita apostolica di Monsignor Peruzzi, l'edificio viene descritto in pessime condizioni. Nel 1606, con l'arrivo dei Camaldolesi al vicino Eremo, la chiesa di San Vittore venne abbandonata e, non più curata, diroccò e si ridusse in rovina. In documenti del XVII secolo l'abitato viene indicato come ridotto a qualche casolare sparso sulla collina, mentre va sempre più ingrandendosi il borgofranco di Pecetto.Circa l'identificazione del Bric San Vito con il sito della chiesa in questione, i primi interventi del Gruppo Archeologico Torinese hanno smentito decisamente tale interpretazione dei ruderi, che sono certamente riferibili ad una costruzione fortificata che nulla aveva a che fare con un edificio religioso. Nelle vicinanze, invece, ad est dell'altura e più a valle, è stata individuata una struttura absidata che potrebbe essere interpretata come appartenente alla chiesa menzionata in documenti vescovili torinesi nel 1318 e forse ancora parzialmente conservata in elevato alcuni decenni or sono.
I lavori iniziali,
l'evidenziazione del sito
ed il materiale raccoltoL'indagine iniziale è stata limitata al castrum che occupa la parte sommitale del bric delimitata da una cortina muraria continua che ne segue il profilo disegnando un'area poligonale di poco meno di 800 mq. L'area così delimitata è circoscritta più in basso da un vallo artificiale ad andamento anulare, dal quale si accede alla sommità attraverso una sorta di rampa che conduce all'ingresso.
La cinta muraria presenta uno spessore pressoché costante di quasi un metro ed è caratterizzata dall'uso di ciottoli e pietre, con l'impiego di rari frammenti laterizi, legati da malta. In diversi tratti si notano tratti di muratura realizzati "a spina di pesce".La struttura comprende anche due torri; la più evidente delle due, la cosiddetta "torre grande", è coeva delle mura ma presenta un riutilizzo di epoca post-medievale con sovrastrutture che ne hanno modificato la pianta originaria da quadrata a rettangolare (nella foto, soci del GAT al lavoro dentro la "torre grande"). L'altra, la "torre piccola", situata presso l'ingresso, pare essere più che altro un rinforzo difensivo o una struttura di servizio.
Nulla ci è noto, a livello di fonti storiche, di questo castello; non conosciamo ancora la data di costruzione, né da chi fu abitato né tantomeno quando e come fu abbandonato.Le ricerche di superficie effettuate nella zona hanno evidenziato una serie di particolarità:
- sulla sommità del colle di Bric San Vito (m. 624), resti di una costruzione medievale, le cui emergenze architettoniche si possono datare intorno all'anno Mille;
- lungo il versante nord e nord-est, numerosi frammenti ceramici, taluni ascrivibili all'età del ferro (a partire dal V sec. a.C.), altri di fattura romana e tardoantica;
- all'interno del perimetro della costruzione, numerosi frammenti ceramici di epoche diverse ed altro materiale, anche di natura metallica, sia antico (medievale) che legato alle ultime vicende belliche;
- lungo il versante meridionale della collina, in direzione di Pecetto, tracce di una costruzione, posta al limite di un piccolo pianoro, la cui pianta può far pensare alle fondamenta di una chiesa, a cui già si è accennato;
- lungo il medesimo versante meridionale, i resti (pietrame sparso) di almeno tre strutture, residuo di antiche costruzioni (assolutamente mancanti lungo il versante nord) relative al borgo abbandonato di Monspharatus.
Dopo aver liberato il sito da rovi e sterpaglie, sono state rettificate le pareti di una fossa circolare profonda quasi due metri, il che ha permesso, ancor prima che la Soprintendenza affrontasse lo scavo archeologico vero e proprio, di osservare la situazione del terreno con reperti medievali, romani e preistorici in perfetta sequenza stratigrafica.Il materiale raccolto in superficie, nell'area sommitale e lungo le pendici fino al vallo, attesta diverse fasi di frequentazione protostorica a partire almeno dalla seconda età del Ferro. È plausibile ipotizzare un'occupazione del sito in età romana (almeno sporadicamente) e nel corso dell'alto Medioevo per la presenza di un frammento di ceramica longobarda stampigliata, tipologia finora mai ritrovata in Piemonte al di fuori dei contesti funerari, di punte di freccia a tre alette di tipo "àvaro" e punte di freccia a coda di rondine del tipo in uso in tutte le culture altomedievali.La presenza di materiali ceramici d'uso comune e mobiliari, tra i quali alcune pedine del gioco degli scacchi (qui a lato è raffigurata la più bella fra quelle rinvenute), confermano l'occupazione dell'area almeno fino al XIII secolo.
Idrogeologia dei paraggiLa situazione idrogeologica della zona è particolarmente favorevole:
- lungo il versante nord del bric scorre il Rio Martello, che nasce ai piedi del Bric Farai (ora sede della Clinica San Luca) ed è alimentato da una fontana perenne, denominata "di Prinsisie";
- lungo il versante ovest, presso la cosiddetta "pietra del tesoro" nasce un rio che percorre il versante ovest di Pecetto, verso Revigliasco e Moncalieri;
- un altro rio nasce nel versante sud-est del nostro bric per scendere a valle lungo il versante est di Pecetto, verso Chieri.
A ciò si aggiunga che il Bric San Vito, da noi frequentato per alcuni anni ed in ogni stagione dell'anno, è risultato essere una zona estremamente asciutta, ben esposta al sole e molto salubre, soprattutto d'inverno quando, anche dopo una nevicata, evidenzia un estremo e rapido prosciugamento ed in primavera è interessato da una precoce fioritura.
La viabilità della zonaPercorrendo il colle da sud-est a nord-ovest è ancor oggi transitabile una strada, detta "del Mes": essa costeggia il Bric San Vito (m. 624) lungo il versante nord, passa in una zona detta "Pietra del Tesoro" (posta sul versante opposto alla fontana perenne detta "di Prinsisie"); poi costeggia il Bric della Croce (m. 712) lungo il versante sud (dove esiste ancora oggi una sorgente, con altre segnalate non lontano), per poi condurre in breve al Bric della Maddalena (m. 715) che raggiunge dal versante sud. Questa strada percorre pertanto tutto l'asse centrale della zona sopra citata e costituente presumibilmente il vasto abitato, oggi scomparso, di Monspharatus.
Le prospettive di ricerca
ed un progetto di parco archeologicoLa ricerca, per ora, si è fermata per dare modo di approfondire lo studio del materiale ritrovato e per lo studio di un progetto di "parco archeologico" già proposto dal G. A. Torinese, condiviso dalla Soprintendenza Archeologica e dal Comune di Pecetto.