Il Gruppo Archeologico Torinese (GAT) è un’organizzazione di Volontariato Culturale, nata nel 1983, che opera prevalentemente sull’area di Torino, con un occhio di riguardo a tutto il territorio subalpino.

Le parole chiave dell’associazione

Volontariato

Il GAT è un’organizzazione che si basa sul volontariato puro, ossia sulla piena gratuità, collaborando con le istituzioni senza travalicare le proprie competenze. I soci del GAT rispettano le leggi, condannano qualunque attività di ricerca clandestina e, a prescindere dalla propria esperienza personale, hanno la massima considerazione del lavoro svolto dagli archeologi professionisti. Seguendo questi principi, dal 1983 i volontari del GAT hanno partecipato fruttuosamente a molteplici scavi archeologici e hanno realizzato una grande quantità di mostre, convegni, conferenze, progetti, studi e prodotti editoriali.

Valorizzazione

Così recita il Codice dei Beni Culturali (DL 22/01/04 e s.m., art. 6): “La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale […]. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale.” Il Volontariato è dunque chiamato a partecipare attivamente alla valorizzazione dei Beni Culturali tramite la loro promozione, da non confondersi con la tutela che è appannaggio delle istituzioni.

Territorio

L’area torinese, comprese le valli a ovest e il sistema collinare a est, è ricchissima di testimonianze storico-archeologiche. Le scoperte di nuovi siti si susseguono ininterrottamente da decenni. Anche il GAT contribuisce ad accrescere la conoscenza del territorio, grazie alle attività di sopralluogo che hanno portato al ritrovamento di alcuni tra i più importanti siti archeologici della Collina torinese (come Bric San Vito o Verrua Savoia), subito segnalati e poi indagati dalla Soprintendenza archeologica o anche, sotto la direzione di quest’ultima, dai volontari stessi (Castelvecchio di TestonaVerrua Savoia).