Realizzata nel 1572 dal fiammingo Jan Kraeck, è la più antica descrizione grafica della città di Torino, quando era ancora racchiusa nelle mura di età romana e medievale, sebbene ormai dominata dalla mole della Cittadella.

La cartina fu allegata nel 1577 all’opera Augusta Taurinorum dello storiografo umanista Filiberto Pingone. Alcune copie originali sono conservate, ad esempio, presso la Biblioteca Reale di Torino e presso l’Archivio Storico della Città di Torino

Benché la pianta abbia chiari intenti celebrativi, tuttavia resta un insostituibile documento della forma urbana tardomedievale torinese, il primo a raffigurare la città in modo sufficientemente rigoroso. È un vero peccato che la veduta, immaginata come se fosse presa dalla collina (dunque guardando verso ovest), sia stata realizzata quando i Francesi avevano già raso al suolo i borghi extraurbani (nel 1536), ricchi di edifici, chiese e altre strutture rilevanti (forse anche l’anfiteatro romano).

Peraltro quella che il Carracha ci propone è l’immagine di una città oggi in buona parte perduta, dal tessuto ancora fortemente medievale, con strade irregolari nelle quali si ravvisa però il primitivo tracciato romano, circondata da una cortina muraria anch’essa in buona parte ancora romana, benché sia evidente come le torri della cinta (e tratti della cinta stessa) abbiano subìto nel tempo qualche modifica.

È riconoscibile il fossato che circonda la città e si notano ancora tre dei quattro bastioni costruiti nel XV secolo agli angoli di Torino. È ben visibile anche la doira (derivazione a mo’ di canale) che attraversa l’attuale via Garibaldi (allora contrada di Doragrossa), più un’ulteriore derivazione che scorre lungo quella che oggi è via Bertola.

Sull’angolo sud-occidentale della città si impone la poderosa mole della cittadella voluta da Emanuele Filiberto, nucleo della futura città fortificata e, per Torino, unica opera architettonica di rilievo del Cinquecento.

Dal contesto urbano emergono nettamente il castello (oggi palazzo Madama) e, al centro della città, la torre civica (abbattuta dai Francesi all’inizio del XIX secolo) presso la piazza delle Erbe, l’antico foro romano.

Delle quattro porte della città, la «Porta del Palazzo» (porta Palatina) si trova a destra dell’immagine ed è vista di profilo; la «Porta Susina», in alto, appare ancora fiancheggiata dalle poligonali torri romane; la «Porta Marmorea», a sinistra, si nota assai male mentre la porta Fibellona, di fianco al castello, non è nemmeno riportata in legenda.

Nell’angolo in basso a destra si riconosce l’area della cattedrale, ancora con l’abside quattrocentesca (che sarà cancellata nel XVII secolo dall’inserimento della cappella della Sindone). […] Più in basso si distinguono il palazzo del Vescovo e la lunga galleria di raccordo tra questo e il castello […].

Nella parte alta della mappa, un lungo acquedotto dotato di arcate giunge dalla campagna e arriva a toccare le mura occidentali (anche se non è chiaro come vi si connetta): è un’opera voluta dallo stesso Emanuele Filiberto per dotare d’acqua corrente il suo palazzo, dotato di zampillanti fontane.

Alla scena fanno da quinta le Alpi, sommariamente tratteggiate ma tra le quali ben si distingue il piramidale Monviso, proprio sopra lo stemma dei principi d’Acaia, e poco più a destra, il riconoscibile profilo della Sacra di S. Michele in val di Susa.

Le esigenze di spazio hanno costretto il Carracha a forzare la prospettiva “schiacciando” il Po verso la città; del ponte quattrocentesco, che compare sul margine inferiore della mappa, si riconosce solo la costruzione che si trovava nel suo mezzo. Non compare, invece, la Dora; si nota solo, presso l’angolo nord-est della città, una sua derivazione (meglio evidenziata, come posizione, in carte più recenti).

Il testo di questa pagina è desunto dalla Guida Archeologica di Torino, edizione del 2010.