Torino nasce come colonia romana intorno al 9 a.C.; viene costruita in forma quadrangolare (se si eccettua un breve smusso a nordest) con lati di circa 680 x 750 metri e prende il nome di Iulia Augusta Taurinorum, in omaggio alla popolazione celto-ligure dei Taurini, alleata dei Romani e da secoli insediata sul territorio circostante. La città cresce e si sviluppa in particolare durante l’età imperiale. Tutta la linea delle mura, costruite a corsi alternati di laterizio e ciottoli, è intervallata da 29 torri di guardia. Su ciascuno dei quattro lati della città, in corrispondenza delle estremità delle due strade più importanti (il Decumanus Maximus ed il Cardo Maximus ), si aprono le porte monumentali. All’interno della cinta muraria le vie, intersecandosi ortogonalmente fra loro, delimitano 72 insulae, quasi tutte densamente occupate da edifici. Lungo le strade lastricate, sorgono abitazioni, negozi, palazzi pubblici, terme, templi; nell’angolo nordest si trova il teatro. Nel cuore della città, là dove Cardine e Decumano massimi si incrociano, trova collocazione il Foro della città, cuore pulsante della vita commerciale, civile, giudiziaria e religiosa di Iulia Augusta Taurinorum, nel quale sorge anche il Praetorium, il centro di comando. Sotto le vie cittadine, le acque di scarico scorrono verso i fiumi Po e Dora, grazie a un sistema fognario efficiente. Al di fuori della città si trovano necropoli, attività artigianali, abitazioni, magazzini e, più oltre verso la campagna, ville rustiche. Lungo la strada extraurbana che si dirige verso sud, sorge l’anfiteatro.
Oggi della città romana sopravvivono alcuni resti, qualche volta estremamente evidenti come la Porta Palatina o il Teatro, altre volte più discreti ma ugualmente interessanti. Purtroppo la metropoli moderna lascia poco spazio ai ricordi di duemila anni fa; ecco dunque che nasce l’esigenza di cercare, tra le pieghe della Torino barocca, ottocentesca e industriale, le tracce del passato più antico della città, tracce che ancora resistono tenacemente ed inaspettatamente alle ingiurie del tempo e all’indifferenza degli uomini.