La
struttura era composta da due pareti sulle quali era stato
creato, all'altezza di circa 3 metri, un piano di lavoro. Le
due pareti, parallele fra di loro, erano state costruite ad
una distanza relativa di circa 1,5 m. in modo da formare un
corridoio nel quale poteva liberamente muoversi il blocco di
pietra da sollevare.
La
struttura sperimentale, realizzata in legno di abete, era
costruita in modo tale che i piani di lavoro formavano un
gradino di un metro di altezza sul quale il blocco, dopo
essere stato sollevato, veniva traslato orizzontalmente per
mezzo di rulli,.
Per
eseguire le prove di sollevamento era stato utilizzato un
blocco avente dimensioni e peso simili ai blocchi utilizzati
per le piramidi. Queste le sue dimensioni: altezza m 1,2 -
larghezza m 0,9 - lunghezza m 1,2 - peso (calcolato) Kg
3200.
Ai lati
del blocco erano state realizzate delle sporgenze a
imitazione delle bugne visibili su molti massi delle
piramidi, che furono probabilmente utilizzate per rendere
più sicura l'imbracatura. Nella parte inferiore erano
stati ricavati degli incavi per permettere l'inserimento di
leve per effettuare piccoli spostamenti e aggiustamenti
quando il blocco era ancora posto a terra.
Gli
obiettivi
Il
principale obiettivo era quello di verificare il metodo
ipotizzato da Osvaldo Falesiedi e quindi di risolvere gli
innumerevoli problemi che s'incontrano quando si passa da un
progetto teorico o da prove su modellini a prove in scala
reale.
Nelle
prove eseguite dal CAST e dal GAT sono stati sperimentati i
principali movimenti necessari al posizionamento di un
blocco di pietra e cioè:
-
innalzamento del blocco fino a raggiungere il livello di
circa un metro,
-
traslazione orizzontale, per mezzo di rulli, per un tratto
significativo di due metri,
-
discesa a terra del blocco.
La tecnica del
sollevamento
Già
in epoche preistoriche l'uomo era in grado di movimentare
enormi massi di pietra, il cui peso talvolta era superiore a
quello di molti blocchi egizi, trattandosi però di
limitato numero di unità; le tecniche di spostamento
potevano essere anche rudimentali, impiegando sovrabbondanti
quantità di energie e di
persone.
I
costruttori delle piramidi invece dovettero affrontare il
problema dello spostamento di grandi quantità di
massi, con il minor "costo" possibile, perciò furono
costretti a realizzare attrezzature specifiche e impiegare
metodologie estremamente
razionali.
La
tecnica di spostamento proposta da Osvaldo Falesiedi si basa
sull'utilizzo di una o più slitte oscillanti, che per
semplicità sono state chiamate con il termine di
"dondoli".
I
dondoli utilizzati nelle sperimentazioni sono stati
costruiti a somiglianza di quelli ritrovati nella valle dei
Re a Luxor (vedi
figura a lato) .
Alcuni
tentativi di utilizzo dei dondoli per il sollevamento di
blocchi furono effettuati posizionandoli direttamente al di
sotto del blocco e facendo quindi oscillare il tutto per
consentire l'inserimento al di sotto del dondoli di spessori
cuneiformi in modo da permettere l'innalzamento del blocco
stesso.
Questo
metodo è risultato rischioso data
l'instabilità dell'insieme dondolo-blocco;
instabilità dovuta all'elevata posizione del
baricentro rispetto alla base di appoggio, con conseguente
aumento del momento di inerzia, che, durante le
oscillazioni, genera delle forze difficilmente
contrastabili.
Inoltre,
questo sistema non risolve il problema di come il blocco,
una volta sollevato, possa essere facilmente collocato su
rulli per essere posizionato nel posto
voluto.
Gli
inconvenienti sopra riportati sono stati ovviati modificando
la posizione del dondolo il quale, invece di essere messo
sotto il blocco, è stato posto circa un metro
più in alto del blocco stesso poggiante sul piano di
lavoro di una struttura lignea, presumibilmente equivalente
a quella reale.
Il
collegamento fra il dondolo ed il blocco è stato
effettuato per mezzo di grosse funi di canapa e
l'imbracatura dello stesso è stata realizzata in modo
che il punto di attacco delle funi sia più elevato
rispetto al suo baricentro, per evitare problemi di
instabilità.
Come nel precedente metodo, il sollevamento viene effettuato
ponendo, ad ogni oscillazione del dondolo, degli spessori
composti da tavole di legno.
Raggiunta
l'altezza desiderata, il dondolo può essere posto su
dei rulli per essere traslato orizzontalmente.
Le
prove
Le
prove, iniziate nel 1996, sono proseguite negli anni 1997,
per una verifica della validità del sistema
ipotizzato, e nel 1998 per ottimizzare il sistema, valutando
l'impegno minimo di persone e
materiali.
Nello
svolgimento delle prove sono stati risolti alcuni problemi,
che lo studio teorico o l'utilizzo di modelli in scala non
potevano prevedere con facilità. Da ciò si
rafforza sempre più la convinzione
dellimportanza di sperimentare sempre nelle condizioni
più vicine possibile alla
realtà.
Nelle
prove effettuate il blocco di 3200 Kg è stato
sollevato ad un metro di altezza, quindi è stato
spostato su un piano orizzontale, per mezzo di rulli, per
circa due metri, ed infine è stato effettuato il
percorso inverso, per sperimentare anche la fase di
discesa.
Le
prove sono state ripetute più volte allo scopo di
ottenere i massimi risultati per quanto
riguarda:
-
l'imbracatura del blocco,
- la
tenuta delle corde principali di
sostegno,
- i
metodi di inserimento degli spessori di
sollevamento,
- la
modalità di posizionamento del blocco sui
rulli,
- la
forma dei pattini del dondolo,
- il
coordinamento delle attività del gruppo di
lavoro.
Il
sistema è stato realizzato in modo che il blocco
possa essere sollevato partendo da terra, verticalmente e
senza oscillare, con un impiego di otto persone più
un coordinatore, e possa essere spostato con sicurezza ed
efficacia per mezzo di un sistema di rulli, e quindi
abbassato a terra in un punto voluto.
I tempi di
lavoro
I
dati qui forniti sono da considerarsi provvisori in quanto
potranno essere ottimizzati con una maggior coordinamento
delle attività nel gruppo di
lavoro.
I
tempi rilevati sono stati:
-
imbracatura del blocco, sistemazione delle corde di
sollevamento, posizionamento delle due slitte oscillanti,
fissaggio delle leve per il sollevamento: 30 minuti con
quattro persone, pari a due ore
uomo,
-
distacco da terra del blocco: 5 minuti utilizzando 6
persone, pari a 0,5 ore uomo,
-
sollevamento del blocco di un metro: 15 minuti, impiegando 8
persone ed un coordinatore, pari a 2,25 ore
uomo,
-
posizionamento sui rulli delle slitte oscillanti: 10 minuti
impiegando 8 persone ed un coordinatore, pari a 1,5 ore
uomo,
-
spostamento orizzontale del blocco di un metro: 1 minuto
impiegando 5 persone, pari a 0,12 ore
uomo,
-
abbassamento del blocco: 20 minuti impiegando 8 persone ed
un coordinatore, pari a 3 ore
uomo,
-
liberazione del masso dalle imbracature: 10 minuti con 3
persone, pari a 0,5 ore uomo.
Da
ciò si rileva che il sollevamento del blocco di un
metro, il suo spostamento orizzontale di un metro ed il
riposizionamento a terra possono essere effettuati in circa
10 ore uomo.
La
grande facilità con cui gli antichi Egizi trattavano
la lavorazione e lo spostamento di innumerevoli blocchi in
pietra porta ad ipotizzare l'impiego di squadre di lavoro
composte da specialisti capaci
di:
-
costruire e riparare le
attrezzature,
-
preparare le corde per l'imbracatura dei
blocchi,
-
posizionare correttamente gli spessori di sollevamento ed i
rulli per lo spostamento dei
blocchi,
-
spostare rapidamente le attrezzature da un blocco
allaltro,
-
posizionare il masso nella sede definitiva.
Conclusioni
Il
metodo proposto da Osvaldo Falesiedi, ottimizzato dalle
varianti apportate da Giorgio Gaj e da Dino Delcaro,
consistente nell' "appendere" il blocco a dei dondoli
oscillanti, è risultato estremamente interessante per
la sua praticità, la sua sicurezza e la sua
efficacia; un metodo dove inoltre gli sforzi fisici prodotti
dal singolo operatore sono risultati molto
contenuti.
La
facilità con cui è stato possibile sollevare
un blocco in pietra del peso di circa 3200 Kg ad un metro da
terra in circa 15 minuti, ha del sorprendente. Il blocco,
così sollevato, può essere spostato con
l'aiuto di rulli, quasi di cento metri in un'ora, impiegando
da un massimo di 5 ad un minimo di 3
operatori.
La
valutazione dell'economia di questo sistema non è un
dato assoluto ma può derivare da confronti con altri
sistemi, per valutarne le
differenze.
Da
un primo confronto fra tutte le sperimentazioni di sistemi
di movimentazione di grandi blocchi di pietra, in scala
reale, finora effettuate, questo sistema risulta essere il
più interessante ed efficace.
I
protagonisti
La
realizzazione di una sperimentazione di questa portata ha
richiesto l'impiego di un discreto numero di volontari che
hanno fornito un elevato supporto tecnico e manuale, senza
il quale il progetto non si sarebbe potuto
sviluppare.
Osvaldo
Falesiedi
C.A.S.T.
- Centro di Archeologia
Sperimentale
Giorgio
Gaj, Dino Delcaro
G.A.T.
- Gruppo Archeologico
Torinese
Giancarlo
Comoglio, Franco Pisano, Renato Ferro
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