CHEOPE '96
UN ESPERIMENTO PER IL SOLLEVAMENTO DEI PESI NELL'ANTICO EGITTO

Sabato 22 maggio 1999 si è conclusa la verifica di un'ipotesi su una possibile metodologia, attuata dagli antichi Egizi, per il sollevamento e la traslazione di grandi blocchi utilizzati per le costruzioni monumentali. Alla prova erano stati invitati studiosi ed egittologi per avere un loro conforto sul lavoro svolto. Erano presenti, fra gli altri, il Prof. Silvio Curto (già Soprintendente al Museo delle Antichità Egizie di Torino) ed il Prof. Vittorio Mussino (Dipartimento di Fisica del Politecnico di Torino).

La complessità e la grandezza del progetto sperimentale hanno previsto la costruzione di strutture ed infrastrutture di notevoli dimensioni e la conduzione di lunghe prove con l'impiego di persone appartenenti al C.A.S.T. (Centro di Archeologia Sperimentale di Torino), del G.A.T. (Gruppo Archeologico Torinese) e dell'ideatore del progetto Osvaldo Falesiedi.
Le prove sono state condotte in un'area del campo del Centro di Archeologia Sperimentale di Torino, sito in Villarbasse (TO). Il metodo di sollevamento ha richiesto la realizzazione di una struttura di legno che permettesse la sospensione dall'alto del blocco.



Carlo Vigo (GAT), Osvaldo Falesiedi e Giorgio Gaj (CAST) durante le operazioni preliminari di sollevamento di una pesante struttura in calcestruzzo (fuori campo), realizzata ad imitazione dei blocchi spostati dagli antichi Egizi per le loro costruzioni più imponenti.

La struttura era composta da due pareti sulle quali era stato creato, all'altezza di circa 3 metri, un piano di lavoro. Le due pareti, parallele fra di loro, erano state costruite ad una distanza relativa di circa 1,5 m. in modo da formare un corridoio nel quale poteva liberamente muoversi il blocco di pietra da sollevare.
La struttura sperimentale, realizzata in legno di abete, era costruita in modo tale che i piani di lavoro formavano un gradino di un metro di altezza sul quale il blocco, dopo essere stato sollevato, veniva traslato orizzontalmente per mezzo di rulli,.

Per eseguire le prove di sollevamento era stato utilizzato un blocco avente dimensioni e peso simili ai blocchi utilizzati per le piramidi. Queste le sue dimensioni: altezza m 1,2 - larghezza m 0,9 - lunghezza m 1,2 - peso (calcolato) Kg 3200.

Ai lati del blocco erano state realizzate delle sporgenze a imitazione delle bugne visibili su molti massi delle piramidi, che furono probabilmente utilizzate per rendere più sicura l'imbracatura. Nella parte inferiore erano stati ricavati degli incavi per permettere l'inserimento di leve per effettuare piccoli spostamenti e aggiustamenti quando il blocco era ancora posto a terra.

Gli obiettivi
Il principale obiettivo era quello di verificare il metodo ipotizzato da Osvaldo Falesiedi e quindi di risolvere gli innumerevoli problemi che s'incontrano quando si passa da un progetto teorico o da prove su modellini a prove in scala reale.
Nelle prove eseguite dal CAST e dal GAT sono stati sperimentati i principali movimenti necessari al posizionamento di un blocco di pietra e cioè:
- innalzamento del blocco fino a raggiungere il livello di circa un metro,
- traslazione orizzontale, per mezzo di rulli, per un tratto significativo di due metri,
- discesa a terra del blocco.

La tecnica del sollevamento
Già in epoche preistoriche l'uomo era in grado di movimentare enormi massi di pietra, il cui peso talvolta era superiore a quello di molti blocchi egizi, trattandosi però di limitato numero di unità; le tecniche di spostamento potevano essere anche rudimentali, impiegando sovrabbondanti quantità di energie e di persone.
I costruttori delle piramidi invece dovettero affrontare il problema dello spostamento di grandi quantità di massi, con il minor "costo" possibile, perciò furono costretti a realizzare attrezzature specifiche e impiegare metodologie estremamente razionali.

La tecnica di spostamento proposta da Osvaldo Falesiedi si basa sull'utilizzo di una o più slitte oscillanti, che per semplicità sono state chiamate con il termine di "dondoli".
I dondoli utilizzati nelle sperimentazioni sono stati costruiti a somiglianza di quelli ritrovati nella valle dei Re a Luxor (vedi figura a lato).

Alcuni tentativi di utilizzo dei dondoli per il sollevamento di blocchi furono effettuati posizionandoli direttamente al di sotto del blocco e facendo quindi oscillare il tutto per consentire l'inserimento al di sotto del dondoli di spessori cuneiformi in modo da permettere l'innalzamento del blocco stesso.
Questo metodo è risultato rischioso data l'instabilità dell'insieme dondolo-blocco; instabilità dovuta all'elevata posizione del baricentro rispetto alla base di appoggio, con conseguente aumento del momento di inerzia, che, durante le oscillazioni, genera delle forze difficilmente contrastabili.
Inoltre, questo sistema non risolve il problema di come il blocco, una volta sollevato, possa essere facilmente collocato su rulli per essere posizionato nel posto voluto.

Gli inconvenienti sopra riportati sono stati ovviati modificando la posizione del dondolo il quale, invece di essere messo sotto il blocco, è stato posto circa un metro più in alto del blocco stesso poggiante sul piano di lavoro di una struttura lignea, presumibilmente equivalente a quella reale.
Il collegamento fra il dondolo ed il blocco è stato effettuato per mezzo di grosse funi di canapa e l'imbracatura dello stesso è stata realizzata in modo che il punto di attacco delle funi sia più elevato rispetto al suo baricentro, per evitare problemi di instabilità.
Come nel precedente metodo, il sollevamento viene effettuato ponendo, ad ogni oscillazione del dondolo, degli spessori composti da tavole di legno.

Raggiunta l'altezza desiderata, il dondolo può essere posto su dei rulli per essere traslato orizzontalmente.

Le prove
Le prove, iniziate nel 1996, sono proseguite negli anni 1997, per una verifica della validità del sistema ipotizzato, e nel 1998 per ottimizzare il sistema, valutando l'impegno minimo di persone e materiali.
Nello svolgimento delle prove sono stati risolti alcuni problemi, che lo studio teorico o l'utilizzo di modelli in scala non potevano prevedere con facilità. Da ciò si rafforza sempre più la convinzione dell‚importanza di sperimentare sempre nelle condizioni più vicine possibile alla realtà.
Nelle prove effettuate il blocco di 3200 Kg è stato sollevato ad un metro di altezza, quindi è stato spostato su un piano orizzontale, per mezzo di rulli, per circa due metri, ed infine è stato effettuato il percorso inverso, per sperimentare anche la fase di discesa.

Le prove sono state ripetute più volte allo scopo di ottenere i massimi risultati per quanto riguarda:
- l'imbracatura del blocco,
- la tenuta delle corde principali di sostegno,
- i metodi di inserimento degli spessori di sollevamento,
- la modalità di posizionamento del blocco sui rulli,
- la forma dei pattini del dondolo,
- il coordinamento delle attività del gruppo di lavoro.

Il sistema è stato realizzato in modo che il blocco possa essere sollevato partendo da terra, verticalmente e senza oscillare, con un impiego di otto persone più un coordinatore, e possa essere spostato con sicurezza ed efficacia per mezzo di un sistema di rulli, e quindi abbassato a terra in un punto voluto.

I tempi di lavoro
I dati qui forniti sono da considerarsi provvisori in quanto potranno essere ottimizzati con una maggior coordinamento delle attività nel gruppo di lavoro.
I tempi rilevati sono stati:
- imbracatura del blocco, sistemazione delle corde di sollevamento, posizionamento delle due slitte oscillanti, fissaggio delle leve per il sollevamento: 30 minuti con quattro persone, pari a due ore uomo,
- distacco da terra del blocco: 5 minuti utilizzando 6 persone, pari a 0,5 ore uomo,
- sollevamento del blocco di un metro: 15 minuti, impiegando 8 persone ed un coordinatore, pari a 2,25 ore uomo,
- posizionamento sui rulli delle slitte oscillanti: 10 minuti impiegando 8 persone ed un coordinatore, pari a 1,5 ore uomo,
- spostamento orizzontale del blocco di un metro: 1 minuto impiegando 5 persone, pari a 0,12 ore uomo,
- abbassamento del blocco: 20 minuti impiegando 8 persone ed un coordinatore, pari a 3 ore uomo,
- liberazione del masso dalle imbracature: 10 minuti con 3 persone, pari a 0,5 ore uomo.

Da ciò si rileva che il sollevamento del blocco di un metro, il suo spostamento orizzontale di un metro ed il riposizionamento a terra possono essere effettuati in circa 10 ore uomo.
La grande facilità con cui gli antichi Egizi trattavano la lavorazione e lo spostamento di innumerevoli blocchi in pietra porta ad ipotizzare l'impiego di squadre di lavoro composte da specialisti capaci di:
- costruire e riparare le attrezzature,
- preparare le corde per l'imbracatura dei blocchi,
- posizionare correttamente gli spessori di sollevamento ed i rulli per lo spostamento dei blocchi,
- spostare rapidamente le attrezzature da un blocco all‚altro,
- posizionare il masso nella sede definitiva.

Conclusioni
Il metodo proposto da Osvaldo Falesiedi, ottimizzato dalle varianti apportate da Giorgio Gaj e da Dino Delcaro, consistente nell' "appendere" il blocco a dei dondoli oscillanti, è risultato estremamente interessante per la sua praticità, la sua sicurezza e la sua efficacia; un metodo dove inoltre gli sforzi fisici prodotti dal singolo operatore sono risultati molto contenuti.
La facilità con cui è stato possibile sollevare un blocco in pietra del peso di circa 3200 Kg ad un metro da terra in circa 15 minuti, ha del sorprendente. Il blocco, così sollevato, può essere spostato con l'aiuto di rulli, quasi di cento metri in un'ora, impiegando da un massimo di 5 ad un minimo di 3 operatori.
La valutazione dell'economia di questo sistema non è un dato assoluto ma può derivare da confronti con altri sistemi, per valutarne le differenze.
Da un primo confronto fra tutte le sperimentazioni di sistemi di movimentazione di grandi blocchi di pietra, in scala reale, finora effettuate, questo sistema risulta essere il più interessante ed efficace.

I protagonisti
La realizzazione di una sperimentazione di questa portata ha richiesto l'impiego di un discreto numero di volontari che hanno fornito un elevato supporto tecnico e manuale, senza il quale il progetto non si sarebbe potuto sviluppare.

Osvaldo Falesiedi

C.A.S.T. - Centro di Archeologia Sperimentale
Giorgio Gaj, Dino Delcaro

G.A.T. - Gruppo Archeologico Torinese
Giancarlo Comoglio, Franco Pisano, Renato Ferro