Ubicazione: Chianocco (To) – Località “Orrido”
Cronologia: metà III millennio a.C.
Data intervento: 1985

La presenza del GAT , sempre in collaborazione con la Soprintendenza del Piemonte, è stata determinante per il salvataggio di un altro sito, oggetto di continue manomissioni da parte dei soliti clandestini e già interessato da indagini esplorative condotte negli anni ’70.

Un cantiere di scavo – condotto dal dott. Aureliano Bertone grazie alla collaborazione dei soci GAT – fu impostato nell’agosto del 1985 in una cavità situata a circa 10 metri di altezza nella parete dell’Orrido di Chianocco, generato da una profonda incisione praticata dal torrente Prebec che scorre sul fondo.

L’accesso alla cavità fu reso possibile dall’intervento del Club Alpino Italiano, che realizzò un sistema di corde fisse con imbragatura per gli addetti ai lavori e una teleferica per il trasporto di utensili e materiali.
Dobbiamo considerare che quattro o cinquemila anni fa la topografia del luogo era assai diversa. Il torrente scorreva “più in alto” e l’ingresso alla grotta era, per l’uomo preistorico, decisamente più agevole di quanto appaia attualmente.

Nonostante i precedenti scavi clandestini e il franamento naturale, i risultati furono soddisfacenti.
Nella produzione fittile sono caratterizzanti grossi orci d’impasto grossolano a superfici lisciate ed ossidate. Privi di ansa e decorati con cordoni lisci e paralleli, alti circa 50 cm e con una capacità di 30/35 litri, servivano a conservare derrate alimentari come cereali o carni essiccate.

Relativamente abbondante l’industria su selce: si segnala una cuspide di freccia a ritocco bifacciale coprente, un semilunato e, sempre in selce, un elemento di falcetto.

Numerosi anche i manufatti in osso come scalpelli, punteruoli, una guaina per asce e un battifilo in osso per telaio.

Sono state pure rinvenute fusaiole in terracotta e pietra e asce in pietra levigata.

L’industria su osso è piuttosto consistente, ed è rappresentata da uno scalpello, una guaina per ascia, un battifilo per telaio e vari punteruoli. Abbondanti le microfaune,l’avifauna,le specie selvatiche come cervidi e cinghiali e quelle domestiche rappresentate dai caprovini.

Ma il ritrovamento di maggior rilievo è senza dubbio la traccia di una sistemazione artificiale del piccolo spazio disponibile che comprendeva un acciottolato, conservato per meno di un metro quadrato, due buche di palo circolari, residui di focolari costituiti da cumuli di ceneri e di carboni di legna e, intorno, rifiuti domestici come ossa, ghiande e manufatti rotti o incompiuti. Di questa primitiva pavimentazione è stato realizzato un calco (a cura di Livio Mano).
Dallo studio del materiale rinvenuto e dall’esame al Carbonio 14 a cui sono stati sottoposti gli abbondanti resti di focolare, il sito è stato datato alla metà/ fine del terzo millennio a.C.

Parteciparono a questo scavo 19 soci GAT, presenti per 864 ore lavorative complessive. Il sito non è visitabile.