Il castello di Montosòlo


Nei pressi di Montosòlo (Pino Torinese) già in epoca romana doveva trovarsi uno dei passaggi collinari che da Chieri (Carreum Potentia) portava a Torino (Augusta Taurinorum), scendendo per Reaglie e Mongreno fino all'attuale zona della Madonna del Pilone.

Prima ancora dell'anno Mille, sulle colline fra Chieri e Torino, sorgevano castelli i cui toponimi di derivazione romana testimoniavano un'antica origine. Tra questi era Mons Surdus o Montosòlo, il più antico nucleo dell'attuale Pino Torinese.

Montosòlo comprendeva anche alcune ville o zone sottostanti come Pinariano, Montolino e Moncairasco.

Il presidio di questa postazione strategica, sia per Chieri che per Torino, fu causa di secolari battaglie e dispute fra le due località che si contendevano anche il prestigio e la supremazia sui territori circostanti.


Sulla collina avevano cospicui possedimenti i canonici di San Salvatore di Torino. Con i diplomi imperiali del 981 e del 998 Ottone II ed Ottone III confermarono alla Chiesa di Torino il possesso di Chieri e di altre terre vicine. Montosòlo invece apparteneva all'abbazia di Nonantola, per provenienza risalente all'epoca longobarda. Nel 1034, Montosòlo venne ceduto ai conti di Biandrate e successivamente (1075) all'Abbazia di Cavour. Nel 1098 il vescovo di Torino, ben comprendendo l'importanza militare, commerciale e politica di Montosòlo, si assicurò il possesso dall'Abbazia.

Nel 1168, fra il vescovo di Torino ed i Chieresi si stabiliva che il castello fosse consegnato al vescovo il quale poteva avere in Montosólo una casa alta, con solaio e torri, e fortificata come avrebbe ritenuto più opportuno; inoltre, che agli uomini di Chieri fosse riconosciuta la facoltà di possedervi una casa ad un solo piano dove i consoli od i loro delegati potessero abitarvi (da: "Il libro rosso", doc. 2 del 24-8-1168, pp. 4-5).

Risulta qui evidente che la qualità fisica dell'ubicazione di spettanza assume un significato gerarchico (l'altezza e la sua efficienza difensiva).

Nel 1248-49 il castello venne riconquistato dai Chieresi che però furono scacciati da Tommaso II di Savoia; egli ne prese possesso sotto la protezione dell'imperatore Federico II e lo fece riedificare nel 1249-50.

Il 22 luglio 1252, Tommaso II concludeva una convenzione secondo la quale il vescovo di Torino Giovanni Arborio gli dava in pegno il castello di Montosólo e le sue pertinenze con la facoltà di costruirvi nuove fortificazioni e quant'altro ritenesse necessario, ma col divieto di cedere ai Chieresi o agli Astigiani, qualsiasi diritto spettante al castello.

Nel 1253 scoppiò una nuova guerra tra Asti e Torino. Tommaso II venne sconfitto e catturato dai Torinesi in rivolta. Fra i Savoia e gli Astigiani si sottoscrisse una convenzione che prevedeva, fra l'altro, il passaggio agli Astigiani del castello di Montosólo, con le pertinenze, diritti, ragioni ed azioni. Nel 1256 invece Montosólo venne ceduto dal Conte Tommaso II ai Torinesi. Nel 1257 i Torinesi lo cedettero ad Uberto di Cavaglià, in pegno di debiti contratti. I figli di questi cedettero al Comune di Chieri il castello nel 1280. I Chieresi, prendendone possesso, redissero un documento di occupazione inventariando tutto quanto vi si trovava.

Dall'esame di questo documento, gli storici moderni hanno potuto ricostruire la forma e le caratteristiche del castello.


Si trattava di una rocca quadrata e massiccia, dominata da una solida torre ("bene axata") a tre piani, circondata da una duplice cintura di bastioni, guarnita di belfredi e rinforzata da barbacani. La torre era chiusa da serratura e da chiavistello ed era direttamente collegata con la torre d'angolo: quest'ultima è l'unica costruzione tuttora esistente. Intorno al cortiletto centrale esistevano alcune costruzioni addossate alle mura sulle quali girava il corridoio di ronda.

Verso Serralunga (nord) era collocata una torricella d'angolo ("turris cantoni") con garitta, la porticina di soccorso, una tettoia ed il mulino con due mole e relativi "ferramentis". Dal lato ovest, rivolto a Torino, si trovava una "casa" nella torre del custode ("turris custodiens"), ed il forno. Lungo il fronte di mezzodì ("versus Carpenedam"), il pozzo "cum turno et bono soastro"" e sopra il pozzo una "casa" di due camere coperta da ventiquattro campate di tegole. Vi si giungeva per una scala; un'altra più piccola portava sulle mura. La cucina era situata a sinistra della porta maestra presso la cantina.

Ciò che colpisce nell'esame della costruzione è la ricerca di sicurezza ottenuta con un complesso sistema di ben quattro porte successive. Chi intendeva accedere al castello si trovava di fronte a due ponti levatoi: uno grande, manovrato da un paio di catene, ed uno minore per il quale bastava una catena sola. Essi comandavano l'ingresso di una porta carraia accoppiata ad una piccola porta pedonale. Superato questo ostacolo si incontrava la "prima porta in introytus castri", munita di due serrature: per ottenere una maggior sicurezza, essa poteva anche essere sbarrata da una "porta colatoria", cioè da una saracinesca che cadeva dall'alto, manovrata da un argano collocato "super porta castri". Dopo di essa veniva "un'altra porta con sportello che segue la prima", anch'essa con propria serratura. E non bastava poiché, attraverso un ponte di assi, si accedeva poi alla "porta castri magistri", anch'essa con un portello e fornita di ben tre serrature. Porte di soccorso davano direttamente dalla prima cerchia verso l'esterno in tre diverse direzioni (da: "Il libro rosso", doc. 115 del 18-9-1280, pp. 196-197, citato dal Settia).


Con il passaggio ai Chieresi, si chiuse il periodo più travagliato e burrascoso della storia di Montosólo, ma la decadenza del castello proseguì inesorabile, tanto che nel 1452 "essendo per antichità distrutto", Chieri lo vendette con il patto che lo si potesse ricostruire, ma non alienare sotto pena di nullità. Dalle rovine più non risorse.


Sulla sommità del colle di Pinariano, nelle vicinanze della strada romana che da Chieri portava a Torino, sorgeva la chiesetta dedicata a San Silvestro (si hanno sue notizie dal 1034), chiamata "Santa Maria del Pino" all'inizio del XV secolo.

Intorno al 1490, venne affidata ai Carmelitani del convento di Moncalieri che la trasformarono in un convento


V'è chi parla di un passaggio sotterraneo che avrebbe misteriosamente collegato la Torre di Montosólo, detta anche la Torre del Diavolo, al convento dei Carmelitani. Nessuna galleria di questo genere è mai esistita né aveva ragione di essere. Basta ricordare che il castello di Montosólo fu costruito almeno cinque secoli prima del convento e che, quando esso venne fondato (1494), il castello, "essendo per antichità distrutto", venne venduto ad un privato cittadino.

È vero che nel 1825 furono trovati presso la Torre del Diavolo alcuni cunicoli, scavati nel tufo e parzialmente otturati dal terriccio, già segnalati nel 1614, ma si trattava di brevi gallerie, dirette in vario senso, che dalla fortezza uscivano alla campagna e permettevano ai difensori di servirsene in caso di bisogno.

Il nome di Torre del Diavolo non deriva "da un pagano delubro o riti paurosi o tetra leggenda che avevano infamato il luogo", ma piuttosto dalla fantasia popolare che volentieri attribuisce a interventi demoniaci l'edificazione di costruzioni particolarmente ardite, oppure dalle continue discordie e dalle aspre lotte cui diede origine il possesso del castello, o ancora, perché no, dalla scomunica che aveva colpito Tommaso II, il quale aveva occupato il luogo nonostante le proteste della Chiesa di Torino.


Questa è la situazione attuale del sito:

  • lungo la strada di accesso alla sommità del colle si nota un affioramento di frammenti ceramici antichi (periodo tardo romano e medievale);
  • nella zona è stato ritrovato materiale sporadico in superficie, poco significativo, ma di evidente antica fabbricazione;
  • la torre, oggi adibita a civile abitazione, è in buono stato di conservazione: la parte inferiore, fino all'altezza di circa 1,5 metri, risulta costruita con blocchi di pietra; il resto con mattoni di grosse dimensioni; la torre è fiancheggiata da un'abitazione moderna;
  • resti di sostruzioni in pietra e mattoni circondano la torre ad una distanza di circa 10 metri (possibile resto del secondo ordine di mura); ad un dislivello di circa 5 metri più in basso, a circa 50 metri di distanza sono state individuate altre sostruzioni (possibile resto del primo ordine di mura);
  • al di fuori del primo ordine di mura, si intravedono, in alcuni punti, i resti di un vallo, simile a quello individuato al Bric San Vito, sopra Pecetto.

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Bibliografia