Questo edificio, felicemente restaurato tra il 2000 e il 2002 dopo secoli di incuria, conserva l'unica torre medievale ancora visibile a Torino, per quanto mascherata da una successiva copertura. Nel XVI secolo qui ebbe dimora urbana l'erudito
Emanuele Filiberto Pingone, autore
nel 1577 della prima storia di Torino, dal titolo
"Augusta
Taurinorum", alla quale venne allegata la
piantina disegnata cinque
anni prima dal fiammingo
Carracha (la prima mappa che
raffiguri Torino in modo sufficientemente preciso,
seppure non sia priva di errori). Gli imponenti
restauri hanno permesso di ricostruire in
parte la fisionomia originaria dell'edificio
medievale e rinascimentale, riconoscendo le
addizioni barocche e ottocentesche (verso via
Egidi), evidenziando le antiche finestre in cotto
del XVI secolo (tra le quali una a crociera – o
“guelfa” – quasi completa), scoprendo e
ripristinando il loggiato dell'ultimo piano,
recuperando soffitti lignei e decorazioni murarie,
individuando tracce dell'antico colore rosso della
facciata e, infine, rintracciando nei sotterranei
elementi di abitazioni di epoca romana. |
Così, in tono assai
dimesso (e dipinta nel famigerato "giallo ocra"
che per anni ha imperversato sui monumenti
torinesi), si presentava la casa del Pingone
sino al 1999 (vista
da via Basilica - il piazzale a suo tempo
utilizzato come parcheggio oggi è
scomparso perché l'isolato, bombardato
durante l'ultima guerra mondiale, è
stato interamente ricostruito). Oltre alla sommità della torre, l'unica traccia che denunciasse una certa antichità dell'edificio era rappresentata da pallidissimi resti di finestre quattro-cinquecentesche che prospettavano sul lato di via Porta Palatina (sotto). |
A
sinistra: così si presenta la casa del
Pingone dopo i radicali restauri del 2000-2002. |
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La torre prima dei restauri
(sopra, 1999) |
Le operazioni di ripristino hanno "liberato" la porzione est della torre (qui sopra) dal sottotetto che la nascondeva (e che però l'ha protetta), rendendo visibili particolari dei merli e dei beccatelli che, sul lato opposto, sono andati perduti.
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