Duomo di San Giovanni


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Piantina ricostruttiva area precedente alla
                costruzione del duomo attuale

Nel 1490 iniziarono i lavori di demolizione delle chiese medievali del Salvatore, di S. Giovanni e di S. Maria de dompno per costruire sulla medesima area un duomo nuovo in forme rinascimentali.
Il committente, cardinale  Domenico Della Rovere, affidò al toscano  Amedeo del Caprina da Settignano la direzione dei lavori.

Il 22 luglio del 1491 venne posta la prima pietra del nuovo edificio.
La navata centrale si sovrappose all'antica chiesa di S. Giovanni (A), la navata nord occupò metà della chiesa del Salvatore (B) e la navata destra invase parzialmente l'area di S. Maria de dompno (C).

Le tre chiese medievali distrutte facevano parte di un complesso articolato (che occupava due insulae romane) compreso fra le mura, l'attuale Palazzo Reale e via XX Settembre.

Lapide del vescovo Ursicino

Nel 1843, scavando nel cortile detto "panetteria reale" all'interno di palazzo Vecchio (poi demolito), nell'area che era stata nel medioevo il cimitero dei canonici, vennero alla luce tombe senza corredo "triangolari, formate da grossi mattoni di fabbrica romana, alcuni dei quali con impugnatura ma senza bollo" e quella spezzata, ma completa, del vescovo Ursicino "insieme con le sue ossa benissimo conservate". Si tratta del sesto vescovo torinese, vissuto tra VI e VII secolo, quando Torino era sede di un ducato longobardo.

La lastra (foto in alto, conservata nella controfacciata del duomo) riporta in alto un'iscrizione orizzontale in latino che recita: "questo sacerdote fu vescovo per 47 anni e terminò i suoi giorni di circa 80 anni"; quella all'interno del cerchio (nel quale si nota il monogramma di Cristo) dice: "sepolcro della santa memoria del vescovo Ursicino nel tredicesimo giorno delle calende di novembre, nella tredicesima indizione".

A nord della chiesa dedicata al Salvatore si trovava un chiostro (D) che, costruito la prima volta nel IX secolo, venne ricostruito o restaurato dal vescovo  Landolfo (1010-1038). Nel XIV secolo fu eretto un chiostro più grande che sostituì l'antico. Parte di questo (una porzione di due archi poggianti su colonna e  capitello) venne alla luce a fine '800 durante la demolizione del cinquecentesco "palazzo Vecchio".

Tra il chiostro e la cinta muraria si trovavano le case dei canonici (E). Sul retro delle case, fino alla torre (F) che stava tra l'abside della chiesa del Salvatore e quello della chiesa di S. Giovanni, c'era il cimitero dei canonici (G), documentato ancora nel XV secolo.

Sul lato meridionale (dove oggi si trova palazzo Reale) si ergeva il palazzo del Vescovo (H); ad esso si affiancava un campanile (I) diviso in cinque ordini, con due finestre per lato in ogni ordine e con cuspide, ancora visibile nella  cartina del Carracha del 1572. Dietro il palazzo vescovile erano orti, granai, abitazioni e un deposito, non a caso detto "il Paradiso" poiché vi era conservato il vino dei canonici.

Adiacente a S. Maria de dompno si trovava un secondo chiostro (L).

Davanti alla chiesa del Salvatore venne costruito, nel 1468 dal vescovo di Torino Giovanni di Compeys, un possente campanile (M) a tre ordini con cella campanaria* e munito nel 1485 di "ugla" (cioè di guglia o cuspide), coperta di lamiere ("tolle") stagnate e fornita di un pomo e una gran croce. Ancor oggi il poderoso edificio affianca la cattedrale.
*La cella campanaria medievale venne poi del tutto riedificata tra XVI e XVIII secolo.

L'intera area fu oggetto a metà del XVI secolo di una profonda ristrutturazione. Il palazzo vescovile (usato dalla corte già nel secolo precedente come dependance per supplire alle carenze strutturali del Castello, oggi  Palazzo Madama) venne riattato e destinato a funzioni burocratiche e residenziali; contemporaneamente si demolirono le case dei canonici, al fine di costruire un palazzo detto "di S. Giovanni" (in anni più vicini a noi denominato "palazzo Vecchio") che  Emanuele Filiberto volle dignitoso ma non magniloquente.
In seguito a tali lavori l'area perse parte della connotazione religiosa, per divenire spazio del potere laico.  

Nella stessa area cimiteriale che ospitò Ursicino, fu ritrovata la lapide sepolcrale della bambina Anteria, morta all'età di due anni nel 523 (secondo l'epigrafista Costanzo Gazzera). La piccola memoria funebre (foto a destra: il nome della bambina è nella seconda riga) è oggi murata sul secondo pilastro della navata destra del duomo.

Lapide della bambina Anteria




Durante scavi effettuati nel 1909 nella piazzetta del duomo vennero alla luce i resti di una basilica datata al VI secolo (dedicata al SALVATORE), a tre navate suddivise da pilastri molto ravvicinati di un metro di lato.

Il pavimento della chiesa era formato da un consistente strato di coccio pesto e cemento su un letto di ciottoli. L'interno dell'edificio misurava circa 17 metri di cui 10 nella navata centrale e 3,5 in quelle laterali.

Il muro perimetrale del lato settentrionale (verso il teatro romano) era spesso un metro, mentre quello di facciata, che mostrava una sola apertura centrale, si avvicinava ad uno spessore di circa 60 centimetri.

Alla fine del VIII secolo (o all'inizio del IX) sul tracciato della prima si ricostruì una nuova basilica, sempre divisa da pilastri ma più distanziati fra loro. Fu inoltre costruita una cripta al termine della navata maggiore e si sopraelevò di alcuni scalini il presbiterio.

Un successivo rimaneggiamento (XI-XII secolo) riguardò l'anticipazione e l'ulteriore sopraelevazione del presbiterio, al quale si accedeva attraverso una scala di sette scalini e la cui decorazione era costituita da un grande mosaico a tessere marmoree bianche e nere ravvivato da inserti in terracotta (leggi a lato).

La basilica era chiesa parrocchiale ma, "ridotta ad esiguo numero di anime", fu in quanto tale soppressa nel 1443 e la sua gurisdizione passò sotto quella di S. Maria de dompno.


Dallo scavo della chiesa del Salvatore provengono numerosi frammenti lapidei (parti di transenne, balaustre, pavimentazioni, capitelli) attualmente conservati nel  Museo Civico di Arte Antica, nel  Museo di Antichità e nel  Museo Diocesano.
Uno di essi è però visibile all'aria aperta (foto qui sotto), riutilizzato come architrave di finestra, sul lato settentrionale del campanile del duomo.

Gli scavi hanno restituito anche un mosaico tricromo di epoca romanica.
Al centro del mosaico si trova l'immagine della fortuna, raffigurata in atto di far girare una ruota che determina le sorti dell'uomo.
La ruota è addentata da grandi mascheroni e circondata da una serie di cerchi contenenti animali vari, a loro volta cinti dal gran cerchio ondulato dell'oceano, punteggiato da isole, mentre ai quattro angoli del quadrato esterno soffiano i venti (immagine in basso). Le iscrizioni sono tratte dalle Etymologiæ e dal De Natura Rerum di Isidoro di Siviglia.

Sotto: particolare di uno dei venti che circondano la Ruota della Fortuna nel mosaico rinvenuto nel 1909 durante gli scavi della chiesa del Salvatore e oggi visibile a fianco del duomo, ricollocato sul presbiterio della chiesa antica.




Nel VII secolo, a sud della basilica del Salvatore, entro la stessa insula, sorgeva la cattedrale di S. GIOVANNI BATTISTA. La chiesa aveva probabilmente forma basilicale a tre navate e al centro di quella maggiore si trovava (come ricorda Paolo Diacono nella Historia Langobardorum) un  fonte battesimale dal quale si ergevano colonnine che sostenevano una cupola.

La cattedrale fu ricostruita in forme romaniche, con pianta basilicale a tre navate divisa da possenti pilastri e con un'abside semicircolare, per volere del vescovo Landolfo (1010-1038).


La cattedrale di S. Giovanni era centro di fede ma anche luogo d'incontro per la comunità.

Scrive Giampiero Casiraghi: "Manifestazione caratteristica di questa devozione era la grandiosa distribuzione di grano e di vino che si faceva il 24 giugno nella solennità di S. Giovanni Battista.
Un carro dipinto a vivaci colori, ornato di spighe e carico di grano, di segale e di fusti di vino veniva trainato nella cattedrale da bianchi buoi. Dopo la benedizione del vescovo e l'offerta di un cero, il priore della festa dava inizio alla distribuzione ai poveri. Svuotato del suo contenuto, il carro era poi trascinato di corsa per le vie della città, fra gli applausi della folla".

Nella parrocchiale di Vinovo si trovano due grandi figure in pietra di un Cristo benedicente e della Vergine, realizzate a cavallo fra il XII e il XIII secolo e facenti parte della statuaria dell'antica cattedrale torinese.
Sempre dal duomo di Torino proviene, molto probabilmente, un busto femminile (a sinistra) della medesima epoca, oggi conservato nel Museo Diocesano (ivi traslocato nel 2008 dalla casa parrocchiale della chiesa torinese di S. Maria di Pozzo Strada).

Nei secoli XIV e XV la cattedrale fu oggetto di interventi conservativi e innovativi (abside e presbiterio) che tuttavia non modificarono di molto la struttura originaria. Sfortunatamente il corredo della cattedrale medievale è andato per lo più distrutto o disperso. Tra i pochi reperti ancora visibili si annovera un arcangelo Michele (a sinistra) attribuito ad uno scultore di formazione lombardo-veneta e datato intorno al 1480, murato nella controfacciata destra del duomo.



La più antica notizia documentaria relativa alla chiesa di S. MARIA DE DOMPNO (corruzione di de domo incrociata con de domino) risale al 1228 ma, in virtù della sua titolazione, si è ipotizzato che l'edificio sia stato costruito su iniziativa del vescovo iconoclasta  Claudio (817-827), deciso a ridurre il culto dei santi promuovendo quello della Vergine, se non anche in tempi più antichi.

La datazione altomedievale della chiesa di S. Maria de dompno, che viene citata in antichi documenti come "cappella del vescovo", è stata confermata dagli scavi archeologici che ne hanno rivelato l'arcaica cripta, realizzata utilizzando per lo più materiale romano di reimpiego.

La chiesa, leggermente arretrata rispetto alla cattedrale di S. Giovanni, aveva pianta basilicale a tre navate; in documenti della metà del XIII secolo è attestato un portico. Nella chiesa si trovava un altare dedicato alla Vergine sotto il titolo di S. Maria ad Nives


Conservata nel primo altare a destra del duomo, questa statua in terracotta dorata, datata 1460-1470 e conosciuta come "Madonna Grande" o "Madonna delle Grazie", proviene dalla demolita chiesa di S. Maria de dompno.


Scrive ancora Casiraghi:
"Secondo un'antica consuetudine
, ogni domenica i canonici del capitolo cattedrale si portavano processionalmente dalla chiesa del Salvatore all'altare di S. Maria delle Nevi e se ne tornavano, dopo appropriate preghiere, alla chiesa del S. Salvatore per la messa solenne. Dinnanzi alla sua statua stava continuamente acceso un grande lampadario per conto dei canonici del capitolo. Anche in seguito, nella nuova chiesa cattedrale, a ricordo di tale devozione, certamente più antica di quella che i torinesi riservano oggi alla Consolata, fu eretta la cappella della Madonna delle Grazie detta anche Madonna Grande".





Ulteriori e aggiornate informazioni sugli edifici precedenti il duomo attuale e sugli scavi archeologici degli stessi sono reperibili visitando il Museo Diocesano, grazie anche agli ottimi pannelli esplicativi realizzati dalla  Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte.



La costruzione della nuova cattedrale (con impianto basilicale a croce latina a tre navate), unico esempio a Torino di architettura religiosa rinascimentale, creò una cesura netta col passato. 

L'opera ha dimensioni modeste, adatte a una città che sul finire del XV secolo contava poche migliaia di abitanti, ma è pregevole dal punto di vista architettonico e plastico; circa quest'ultimo aspetto, si vedano in particolare i bassorilevi che ornano i portali della facciata (a destra in basso).

Nel corso delle demolizioni quattrocentesche venne anche distrutto un cippo di granito a cui la tradizione diceva venissero legati i penitenti pubblici e che, probabilmente, era la base di una grande croce antistante la cattedrale (come ad Asti e Alessandria).


Aggiornamento 3/7/12